lunedì 11 dicembre 2017

ABITUDINE

Ci si abitua. A qualsiasi cosa. Anche ad avere una bomba che esplode sotto la propria finestra grazie al mezzo matto di turno, il quale in nome di cose che forse nemmeno conosce tenta goffamente di fare e farsi male. XX è in trasferta per il consueto congresso di fine anno a NY. Hotel a Manhattan, midtown, in un grattacielo al trentaquattresino piano. I rumori della strada arrivano, attutiti, ma arrivano fino lassù. E in una mattinata insonne come sono tutte le prime mattine dopo la traversata dell’atlantico, i rumori raccontano di sirene numerose. Però ‘siamo a New York’, può essere qualsiasi cosa. A casa propria i rumori inconsueti si notano, in casa d’altri meno. Infatti. Qualsiasi cosa. Il mezzo matto di stamattina che si infila a Port Authority, dove si incrociano almeno tre linee di metropolitana ed un numero imprecisato di liness di bus di superficie, ha assemblato due bombe e come rappresaglia per il sostegno a Israele con il riconoscimento di Gerusalemme come nuova capitale, in una spinta di solidarietà con il popolo palestinese, sperava di farle saltare in uno dei principali hub dell’ingresso in città in un giorno lavorativo.
XX, che sarebbe stata facilmente in quella stazione se non fosse stato giorno di luna nuova dunque niente yoga, si accorge prima delle sirene, poi dà un’occhiata a internet e a quel punto, un po’ sul megaschermo della CNN, un po’ con un occhio fuori dalla finestra, si cerca di capire. 
Le strade chiuse e bloccate, le metropolitane pure, tutti a piedi, con qualche borbottio ma nemmeno troppo, per qualche ora. Il pomeriggio è già tutto dimenticato. A parte il ricordo delle sirene sullo sfondo e qualche luce di troppo, i newyorkesi hanno ripreso le attività di sempre catalogando l’accaduto come una mosca fastidiosa, nulla di più. 
Come decifrare questa abitudine, a mezza strada tra la forza del ‘non mi piego alla paura’ e invece l’assoluto terrore di doversi continuamente confrontare con un male nuovo che non può essere casa di nessun ideale?

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