martedì 22 novembre 2022

ALCUNE COSE VISTE IN INDIA

L’India è così intensa. Quando si immaginano le immagini, pardon per l’assonanza, della grande madre, India si vedono il Taj Mahal, gli elefanti, turbanti, magari il Gange, molto oro e molti rickshaw.

Quando si viaggia in India, se ne riconoscono le sue tre, intensissime nature: quella economica fatta di business, di commercio, di negoziazione, di interesse per un paese che sia avvia (se non lo è già) ad essere presto il più popoloso del mondo. Così la mente agile con i calcoli degli indiani si fa acuta, il resto del mondo e molti di loro stessi cercano e trovano interessanti opportunità commerciali.

Poi c’è l’India della spiritualità, di quella intensa che XX cerca di praticare, di quella policromica e fantasiosa degli indù, con il loro pantheon di divinità che fa scomparire i tanto celebrati dei dell’Olimpo della tradizione europea. Nei templi indù tutto è colore, fiori, devozione, profumi, frutti - ci si accalca di fronte ai bramini porgendo ciotoline di offerte piene di fiori gialli, noci di cocco ed incensi - la dea Lakshmi, nello specifico della testimonianza corrente, brillante dietro gli ornamenti sobri come i fuochi d’artificio a Capodanno, accoglie sorniona le ciotoline di offerte tutte uguali, che vengono da cuori diversi.

E per ultima, c’è l’India quella difficile da guardare. Quella delle persone che vivono di nulla, che alla meglio hanno un tetto di fango sopra la testa, quelli che lavano i bimbi biotti nei depositi di acqua per innaffiare i campi, che si lavano i denti in strada, che caricano la bici (ad averla, una bici) di tutti i loro averi in sacchi di juta che ti chiedi come fanno a stare dritti, o quasi dritti, quelli che hanno un carro ma è piccolo e allora per riposarsi fanno un anello con un pezzo di stoffa e ci appendono dentro la testa, che penzola fuori dal carretto mentre il suo proprietario, a dispetto del mondo, dorme in pace. L’India di chi non rinuncia alla sua parte spirituale e devozionale e ha creato un tempio intitolato a Ganesh dipingendolo su uno spartitraffico di cemento e poi, a dispetto del rispettoso, silenzioso e tranquillo traffico di Delhi, ci si mette davanti in assorta preghiera. 

Queste tre Indie hanno una cosa in comune, o quasi, qualcosa che tutti riconoscono e frequentano: sono quei minuscoli trabiccoli conosciuti con il nome di rickshaw, o risciò, all’italiana, che rappresentano il mezzo più indiano che c’è. Rappresentano l’India nell’idea che tutto scorre e nulla si ferma, e un risciò non si ferma quasi nemmeno per far scendere o far salire qualcuno. Rappresenta l’India nei cambi repentini di direzione, il ruotino davanti arriva a girarsi fino a novanta gradi che XX quelle curve non riesce a farle nemmeno in bicicletta o in monopattino. Rappresenta l’India che schiaccia e stiracchia lo spazio, le cronache di questo viaggio ne hanno registrato fino a sette passeggeri.

I risciò sono simpatici. Sarebbero tutti uguali, neri e gialli e un pochino verdi, o almeno si suppone escano tutti uguali dalla fabbrica. Ma poi, nelle strade di Mumbai o Delhi o Hyderabad, come per i fiocchi di neve, non ce n’è uno uguale all’altro. Impossibile trovarne uno senza i segni di qualche passaggio azzardato che possiamo aspettarci abbia sfiorato la collisione, sui rickshaw si impara a misurare la distanza di sicurezza in millimetri, anziché in metri. XX ha visto una moto, nemmeno enorme, il cui rider dal piede inciabattato in una bella ciabatta da doccia di gomma che aveva visto albe migliori, ebbene, con la ciabatta su un angolo del risciò lo spingeva a mo’ di carro attrezzi; la fisica dell’intera operazione sfugge all’umana comprensione e tuttavia le cinque ruote si muovevano sincrone, secondo il mantra che tutto scorre.

Sono tante le scritte che XX ha osservato sulla parte posteriore dei mille e mille risciò che come apine operose ronzano, rapidissimi, per le strade (e autostrade!) indiane: un mandala fosforescente, numerosi mandala impunturati nel tessuto nero o sbiadito, la scritta ‘Uber’ (!?), un trompe l’œil del finestrino posteriore con due occhi meravigliosi che guardano fuori, il simbolo apple (niente di più lontano dal pulito bianco design della mela…), la scritta ‘my auto is safe’ (magari…), un’inedita proposta di ‘self drive’ (seee), pubblicità varie di università di moda, la vendita di lotti di terreno, la vendita di scooter usati, l’augurio ‘pace e felicità’, il suggerimento ‘don’t drink and drive’ (posto che essere un po’ bevuti servrirebbe, in linea di massima, ai passeggeri), una targa stampata con adesivi con i numeri a testa in giù.

E così è proprio a partire dai mille e mille risciò che XX cerca di portarsi queste tre indie nel cuore, questo paese così intenso, così schietto, così profondo, nell’attesa di tornarci, magari con meno frenesia e meno doveri, pet potersi dedicare alla sua meravigliosa, contraddittoria e poliedrica affascinante cultura.

domenica 13 novembre 2022

AL DI QUA E AL DI LÀ DEI CONTINENTI

La cucciola grande passa i sabati sera a divertirsi, questa volta a fare finta di farsi la guerra, con agguati e tutto quanto. XX aveva qualche remora su questo tipo di gioco per le cucciole bambine, ma ora, a diciotto anni…diciamo che diamo per assodato che possano scegliere pace o guerra (pace, via…). Torna tardi, ma quando si tratta di cavallo da montare la mattina non c’è tardi che tenga, la cucciola grande trascina YY per finalizzare la burocrazia dell’arrivo di Gino in famiglia. Il veterinario ha detto che sta bene, non si capisce bene come funzionino le radiografie alle zampe di un organismo da mezza tonnellata, ci si fida. La cucciola monta, si lascia addirittura fotografare con il lungo muso bianco (lei direbbe grigio) di Gino accanto, la foto è prevalentemente a beneficio della famiglia allargata che sarà impegnata, con i regali di Natale, a fornirgli un guardaroba. 

Nel frattempo, parecchio più a est nel mondo, XX è arrivata in quell’India che porta nel cuore. In India non è tutto oro quello che luccica (e lì luccicano molte cose…), così l’hotel in cui si trova ha più l’aria del residence al risparmio in cui vanno a sciare.

La prima giornata ‘libera’ di India XX la trascorre in parte al telefono con l’help desk della carta di credito aziendale, che conta male e non le permette di pagare. Non male come debutto di una trasferta intercontinentale di due settimane. Così passa qualche ora in linea con operatori vari seduti tra Istanbul e Lisbona, e poi decide di uscire e tuffarsi in questa India così…indiana.

Alla concienge le avevano indicato, con un dito che puntava dietro una folta siepe, dove andare per cercare il mercatino più vicino. Lei esce, apre google maps per non perdersi proprio subito, le segnalano che la fermata del bus sarebbe stata più indietro. Lei vuole andare a piedi, ma niente, non c’è verso, cominciano i segnali di fumo al rickshaw di fronte. Si negoziano prezzi e destinazioni, e il tutto finisce con XX scarrozzata da Rokiy, come il pugile ma scritto all’indiana, tra mercatini e templi sick e indu. 

XX non si spiegherà mai il successo del traffico indiano, dove in effetti tutto scorre, tutto suona (uso di clacson e frizione hanno frequenza paragonabile) il codice della strada non esiste e sulle carreggiate si trovano mezzi di ogni genere e grado. 

Oggi ha visto in strada mucche, cani e scimmie, queste ultime della zona esclusiva del parlamento dove le persone non possono andare ma i macachi si.

Ha visitato il tempio di Lakshmi, dove si accavalla grande raccoglimento e grande ressa nel consegnare le offerte alla dea. Ha imparato che gli animali simbolici dell’India, oltre al pavone che la rappresenta, sono l’elefante per superare le difficoltà, il cavallo per il potere e il cammello per la pace. Non è chiaro quale sia il protettore della sicurezza stradale, che ce ne sarebbe parecchio bisogno, deve essere un essere potentissimo.

E dunque Gino, saresti simbolo di potere ed energia in India…che tu possa portare gioia e serenità, empatia e amore a quetsi Noicinque ora diventati Noicinque + 4 zoccoli.

lunedì 7 novembre 2022

OGGI È QUEL GIORNO IN CUI

Oggi è il giorno in cui compi 18 anni. Oggi è il giorno in cui, per lo stato, la responsabilità di te è tua. Non più nostra, tua. 

Tuoi gli onori della strada percorsa, tuoi gli oneri nel mantenere la barra in favore dei venti che scegli e sceglierai.

Le amiche più care mi hanno mandato frasi e foto da strappare il cuore, foto in cui sorridevi, con i capelli cortissimi, i denti da latte e le calze nei sandali (impossibile farteli mettere a piedi nudi per molte estati, i sandali, quando ancora avevamo voce sulle tue calzature), immagini che scaldano il cuore e che raccontano quanta è stata la strada che hai fatto, che abbiamo fatto insieme.

Oggi nell’eremo in casa al piano di sopra - quello in cui vivi, ti trinceri e nei pressi del quale sarebbe meglio non sostare, non ami avere persone vicino, almeno non quelle che abitano con te - in quell’eremo vive una bella persona, solida e riservata, che sa quello che vuole, anche se non ce lo dice, che si accorge delle cose, anche se fa finta di no. Vive una splendida giovane donna di oggi e di domani, che giocoforza rappresenta un esempio, talvolta scomodo, spesso imbronciato, molto silenzioso e riservato e pronto a battersi per i diritti che ritiene di avere, a cui qualche sorella guarda con complicità, reverenza, una punta di gelosia. Stai combattendo le tue e le loro battaglie, e loro lo sanno e sono con te. Non che tu ne abbia davvero bisogno…

Sei arrivata, diciotto anni fa, inattesa e all’improvviso con un buon anticipo sulla tabella di marcia, facendo della sorpresa la tua maniera di essere. Sorprendente la tua passione smodata per gli animali di qualsiasi tipo, abbiamo già ricordato varie volte le corse dei vermi della pioggia raccolti al parco e fatti gareggiare sul balcone e la commozione verso uno scoiattolino non più vivo incontrato in qualche bosco. Sorprendente perché di animali, noi, non ne abbiamo mai frequentati. Si vede che questa passione era un optional già integrato nella persona piccola che è arrivata a noi diciotto anni fa. La passione è con il tempo evoluta, cresciuta, si è affinata, è montata ulteriormente come la maionese e in questa meraviglia di maionese che sei diventata, fino a diventare una passione più precisa, verso animaletti discreti da mezza tonnellata come i cavalli. Poco importa se uno ti ha staccato parte di un dito, se per stare con loro si sta al caldo, al freddo, alla puzza, alla pioggia, se si è preda dei tafani e si spalano le abbondanti deiezioni. Di cavalli, ne hai conosciuti di grandi e di piccoli, di domati e di selvaggi, di obbedienti e di bizzosi, di campagna e di città. A tutti ti sei dedicata con una dedizione che non conosceva fatica, o magari la conosceva e presto la dimenticava.

I cavalli non ti hanno deluso, qualche persona si. E allora, con una determinazione testarda e granitica, hai scelto altri luoghi, altre figure di riferimento. Sullo sfondo, e nel profondo, la relazione con gli animali. 

Così è successo che nell’ultimo anno hai stretto ancora di più il legame con la famiglia degli equini, hai ricominciato a saltare, a tentare di farti uccidere dal cavallo più monello di tutti che ne faceva una più di Bertoldo per buttarti per terra, e lo stesso ha avuto il tuo amore e la tua dedizione.

Così è successo che hai sperato di poter avere un cavallo tutto tuo. Così è successo che proprio qualche giorno prima di questo tuo traguardo importante, l’universo, il caso, la fortuna e il maneggio che frequenti abbiano trovato un cavallo per te. A te piace, manco a dirlo, da impazzire. L’hai montato saltando altezze da record nei primi cinque minuti di contatto. Vi siete piaciuti subito, tu a lui, pare, e lui a te, moltissimo. Si chiama Gino, è olandese, e da oggi è tuo, o quasi, vanno solo completate alcune formalità burocratiche.

L’arrivo di Gino ha riempito molti ragionamenti delle scorse ore, riempirà molte delle tue giornate future. 

Nel frattempo noi gioiamo con te per la festa di oggi, per celebrare un sette novembre lontano in cui grazie a poco più di due chili di energia e anima di siamo diventati famiglia. Con te.

Auguri di buona nuova vita grande, cucciola nostra. Che le tue passioni ti portino dove vorrai.