lunedì 24 agosto 2020

CIÒ CHE SONO

Ciò che sono, ciò che vorrei essere - il primo tema di mezzo del ginnasio, che arriva nelle mani di XX nel giorno del quattordicesimo compleanno di mezzo

All’apparenza chiunque potrebbe dire che sono una ragazza come tante altre, una nel gruppo. Eppure non è così. Infatti nessuno può dire con esattezza chi sono, perché, probabilmente, non lo so neanche io fino in fondo. Certo, so come sono fatta, sia fisicamente, sia caratterialmente, ma pensò che ognuno abbia dei lati nascosti, talvolta segreti anche a se stesso, che emergono solo con il passare degli anni. Per questo motivo a quattrodici anni non posso ancora sapere chi sono fino in fondo. Però posso sapere come vorrei essere, che cosa vorrei cambiare in me, difetti che riguardano il mio carattere che non vorrei avere. Perché caratterialmente ho molti difetti, alcuni che accetto, altri con i quali non riesco proprio a convivere. Non ho molta pazienza, mi arrabbio facilmente. Quando capita che qualcuno mi istighi o faccia qualcosa, anche involontariamente,, che mi irrita, non ci vedo più dalla rabbia. Molte volte non è che io mi arrabbi proprio, è che sono irritata e, quando sono in queste situazioni, non riesco a dire le cose con calma. Cosí succede che io risponda male, o che dica qualcosa molto bruscamente, e la persona con cui sto parlando molte volte si offende. Per questo vorrei poter essere meno irascibile.

Come seconda cosa, vorrei essere più estroversa, e riuscire a fidarmi delle persone che non conosco da molto tempo. Non è che io sia introversa o cose simili, è solo che a volte sento come se mi mancasse quel pizzico di fiducia per consolidare un rapporto. E così finisce molto spesso che le persone si stanchino di aspettare che io mi fidi completamente e se ne vadano. Non sto dicendo che sia colpa loro, però nemmeno mia.

Ovviamente questi non sono i miei unici difetti per quanto riguarda il mio carattere, ma sicuramente i miei due problemi più grandi.

In quanto a che cosa vorrò fare una volta adulta, non lo so ancora. Non lo so non perché non abbia idee o. On mi piaccia nessun mestiere, al contrario; ho troppe passioni e sogni che nella mia testa si confondono tra loro. Spero che con il tempo questo cambi e che io riesca a riordinare un po’ le cose nella mia mente.

Per ora non vorrei apportare nessun altro cambiamento a ciò che sono, al mio carattere e nemmeno al mio aspetto fisico. Perché posso non essere perfetta, ma sicuramente posso imparare a convivere con i miei difetti e ad accettarli.

venerdì 21 agosto 2020

MEGATTERE

La microba lo sa, che l’animale preferito di XX sono le balene, da quella volta in Canada quando per vederle è stata su un barchino nella nebbia per ore sentendone il canto, e all’ultimo secondo tre megattere sono spuntate accanto, ma proprio accanto alla barca e l’hanno accompagnata per un po’. Da quella volta le balene, le megattere in particolare, accompagnano il cuore di XX.
Succede che la baia di Skyalfand sia ‘terreno’ di alimentazione per le balene durante l’estate. Vengono qui a fare il pieno di energia prima di affrontare la migrazione verso acque più calde, dove accoppiarsi e dare alla luce i cuccioli. Dal piccolo paesino di Husavik, dunque, partono barchini e barchette alla ricerca dell’avvistamento dei grandi mammiferi marini.
Così la Big Family si imbarca sulla Nattafir, il capitano parla solo islandese e la guida è una ragazza spagnola che racconta di pinne e fanoni, di abitudini e migrazioni. Ti raccomandano di vestirti caldo, la Big Family ha tutti i bagagli addosso, ai ragazzi (che sorprendentemente in Islanda vengono considerati Covid-free in tutte le situazioni) si consegnano le tute calde e la barca dondolante e con il nome che ricorda un faraone egizio prende il largo, perlustrando la superficie del mare alla ricerca di qualche soffio.
E dopo poco eccoli, i soffi. Due, vicinissimi. La barca dondola, a tutto gas è sempre lentissima ma i soffi restano lí nei paraggi senza allontanarsi. Finché compare una coda orizzontale, la guida parla di ‘deep dive’ che durerà da cinque a sette minuti, XX si commuove, YY e il cuginone YY scattano foto a raffica con il teleobiettivo.
Le megattere ricompaiono un po’ più in là, una si chiama Jack, la si riconosce dal pattern della coda. Per le altre, si accettano suggerimenti.
Sbuffi, code, mare calmissimo e illuminato da un sole inedito, animali meravigliosi. Che gita.

mercoledì 19 agosto 2020

DALL’ESTREMO NULLA ALL’ESTREMO NORD

Una distesa di nulla attorno alle turf houses che hanno ospitato la Big Family questa notte, con simpatici volpacchiotti quasi domestici, una strada sterrata che prosegue verso le nubi e un paesaggio lunare.
Si sale nelle nubi e nella nebbia, in una landa scura resa ancor più surreale dalla visibilità limitata e a sprazzi, dal venti arrabbiato, dall’occhio che non vede e quando vede si perde nell’orizzonte della luna. Nessuno vive, ha mai vissuto o sembra avere ambizioni di vivere ovunque l’occhio arrivi a vedere.
Da questo estremo nulla, attraversando cascate tempestose, doppie e scintillanti, che parlano di troll e troll esse, attraversando Asbyrgi, l’anti teatro naturale dove uno degli zoccoli di Sleipnir, il cavallo di Odino a otto zampe, avrebbe toccato terra creano l’enorme depressione (in assenza si razionale condiviso dei geologi, che in effetti ancora manca, lo zoccolo di Sleipnir sembra essere la spiegazione più accettata dal locale), la  il Family arriva all’estremo Nord, la punta più settentrionale dell’Islanda. Qui, a Raufarhöfn, scoprono gli archi dell’articolo, una scultura moderna che indica i quattro punti cardinali che celebra proprio il circolo polare, nonostante si trovi ancora al di sotto. Si fa quel che si può.

martedì 18 agosto 2020

NEL NULLA

Un passo nelle nubi, nella nebbia e su una strada sterrata, che sale più del gran premio della montagna e sbuchi nei fiordi tempestosi, non ancora quelli dell’ovest ma anche questi dell’est in quanto a burrasca non scherzano.
Oggi si guida molto e si cammina meno, per arrivare sull’orlo del nulla, a Mordurfarm. Qui c’è, beh...il nulla. Un deserto dal paesaggio lunare dove si sono allenati gli astronauti del primo sbarco sulla luna. Così mentre Neil (Armstrong) e Buzz (Aldrin) si allenavano a stare in un paesaggio ‘moon-like’, il brillante marketing islandico capiva male il nome della missione dando vita all’ormai celebre marca di dolci ‘Appolo’ - storpiatura di Apollo 11.
Si, fa abbastanza ridere. Ma la liquirizia Appolo è buonissima.
La meraviglia di questa giornata è che la Big Family in questo nulla ci dorme davvero, alla Modrudalur farm, dove i muri delle case sono ricoperti da zolle di terra, il tetto pure e l’occhio e il cuore si perdono all’orizzonte. Un posto davvero magico, popolato da volpi artiche quasi domestiche e rivoli d’acqua arancione ferro, dove il terreno quando cammini cambia colore e il vento non lascia tregua. Un posto dove non ci sono limiti ai limiti.
Decisamente candidato ad essere uno dei posti del cuore del viaggio.

#2

La mattina comincia con una caccia al tesoro. Il tesoro: il secondo Covid test, quello da fare dopo cinque giorni. La comunicazione arriva barocca, in islandese e sotto, molto sotto, in inglese. Parla di un appuntamento da richiedere al telefono, senza dare numero di telefono. Si deve cercare il sito della sanità, quello sì solo in islandese, indovinare un indirizzo, presentarsi in anticipo, senza appuntamento, all’indirizzo c’è un cartello che ti manda alla porta accanto, da qui un altro indizio che ti rimanda alla casa rosa ‘across the street’. La casa rossa è marrone, davanti in attesa qualche timido turista che non è per nulla sicuro di essere al posto giusto. Ad un certo punto la porta si apre, l’uso delle mascherine è variegato, il bastoncino del test viene infilato nel naso come un fioretto che nemmeno la Vezzali alle Olimpiadi e dopo meno del previsto, tutti liberi di andare. ‘Non aspettatevi una risposta, se c’è qualcosa vi chiamiamo noi nei prossimi i due giorni’ - in poche parole, ‘Le faremo sapere.’
Il secondo Covid test, gentile (non necessariamente gradito, si veda l’emula della Vezzali di qualche attimo fa) omaggio del governo islandese, mette in realtà in luce alcuni aspetti non evidenti prima: la mancanza di organizzazione (si fa il meglio che si può, ma siamo sempre stati pochissimi, distanti e senza relazioni anche senza Covid), la mancanza di senso pratico - pare che le nuove regole chiedano ad ogni persona che entra sull’isola sei giorni di quarantena a proprie spese in struttura con bagno privato, non esattamente banale, l’accoglienza algida e distaccata.
Ma la Big Family sta viaggiano in una terra meravigliosa. 

domenica 16 agosto 2020

ACQUA IN SALSA ICEBERG

La landa desolata dell’inondazione che ha alluvionato 3 km quadrati in due ore, il delta di un fiume che passa qui e lí e là e dove vuole lui. La leggenda della chiesa risparmiata dall’eruzione (ma il villaggio no) quando il prete chiede agli abitanti di pregare perchè la lava non travolga villaggio e chiesa.
Il mistero del cimitero dei troll: una landa punteggiata di mucchietti di sassi a forma di piramide, incollati tra loro, in un punto dove di sassi non se ne trovano neppure uno. Si dice sia un cimitero di troll, secondo alcuni sono mucchietti fatti apposta da qualcuno che alimentano le credenze nel soprannaturale, così caratteristiche di queste terre. Peccato che di sassi intorno non c’è ne siano, e i mucchietti siano di sassi che non si muovono. Piuttosto misterioso.
La parola di oggi, però, è ghiacciaio. Dopo il primo, visto da vicino e popolato dai dissennatori, oggi è la giornata di Vatnajokull, il ghiacciaio più grande d’Islanda. Il quarto al mondo, esteso più della Svizzera, ha ampie lingue di ghiaccio che lambiscono la, diciamo, regione ‘abitata’. Così si pranza in fronte al ghiacciaio alla ricerca di geodi, e le tasche piene di sassi non è solo la canzone di Jovanotti, ma una faticosa realtà. Sassi colorati, speciali e con quarzi e cristalli, ma sempre sassi a riempire le tasche.
Una lingua di ghiaccio molto prossima al mare si allarga nella magica Glacier Lagoon Jokulsarlon, dove iceberg grandi e piccoli e di ogni forma e colore si staccano dal ghiacciaio e si tuffano in mare. La cucciola di mezzo surfa su un iceberg che si è provvisoriamente arenato sulla spiaggia, con documentazione fotografica che sembrerebbe un catalogo di Photoshop, se non fosse vera.
Tra gli iceberg nuotano le foche, che con il loro carpino caratteristico se ne infischiano della miriade di occhi umani che si trovano lì ad ammirare lo spettacolo e si tuffano placide nelle acque della laguna. Tra meravigliosi iceberg.

sabato 15 agosto 2020

OH THERE ONCE WAS A PUFFIN

Si comincia la giornata guardando dalla meravigliosa vetrata di una casetta nella nebbia, sotto casa due cavallini domestici, nutriti ad erba fresca dalla  microba che ha passato con loro ogni minuto libero.
Un’occhiata alle turf houses, quelle che devi sapere che sono lì perché con il tetto coperto di erba sembrano un anche loro un pezzo di montagna.
E poi via verso il primo ghiacciaio visto da vicino, Solheimdjokull, (parte del secondo ghiacciaio d’Islanda, Myrdalsjokull), dove il ghiaccio si mescola al nero della polvere vulcanica. Il ghiacciaio appare dalla nebbia, spinge un vento gelido che ricorda i dissennatori di quell’altra saga fantasy e in un batter d’occhio si arriva alla laguna. Il ghiaccio mescolato al nerissimo materiale vulcanico e all’azzurro degli iceberg, un paesaggio surreale e deserto, circondati da freddo e nebbia da pace e silenzio. Un mondo altro nel mondo.
Un altro mondo nel mondo è la landa attraversata, piatta e a perdita d’occhio, per andare a vedere la fusoliera dell’aereo americano precipitato nel 1963. La carcassa non ha un fascino particolare, ma la landa in cui è precipitato ricorda un deserto infinito, roccioso, piatto e liscio. Tanto che la microba, a cui scappava pipì, si è accucciata dietro il mucchio piú alto che a trovato: un ciuffetto d’erba di trenta centimetri.
Guida guida, ecco il mare. Ma non solo il mare, il mare punteggiato dalle falesie dei ‘Tre troll’, tre faraglioni appuntiti che si dice fossero tre troll venuti a pescare e pietrificati dal sole. Magari la questione ricorda qualcosa, sempre ai lettori di fantasy...
Le falesie ospitano miliardi di pulcinelle di mare che, dopo aver passato l’inverno in mare, tornano a terra per nidificare e accoppiarsi. Sono uccelletti timidi, con un becco che cambia colore a seconda della stagione, le ali che sbattono velocissime e una silhouette non proprio aerodinamica, anzi, piuttosto rotonda. Eppure queste palline di piume hanno il fascino della resistenza, la Big Family li vede sulle falesie, nell’erba, sotto il faro, in volo e posati, incuranti del vento e della nebbia. E torna alla memoria la filastrocca delle puffin canadesi, inseguite ma mai osservate dal vero. E che alla fine diventano vegetariane:
Oh, there once was a puffin,
just the shape of a muffin,
he lived on an island
in the bright, blue sea.
He ate little fishes
that were most delicious,
he had them for supper,
he had them for tea.
But the poor little puffin,
he couldn’t play nothing,
for he had anybody
to play with at all.
So he sat on an island
and cried for a while,
and he felt very lonely,
and he felt very small.
Then along came the fishes
and said: ‘If you wishes
you can have us as playmates,
instead that for tea.”
So they now play together
in all sort of whether,
and the puffin eats pancakes,
like you and like me.

Le falesie ricche di puffin affacciano una lunghissima spiaggia di sabbia nera, dove la nebbia, il vento e le onde tutti insieme concorrono a costruire un fascino molto speciale. Tanto speciale che si scrivono nomi sulla spiaggia, si fa la fila delle orme dei piedi, e che la microba sfida le onde, che vincono loro e la bagnano fino alle ginocchia, scarpe comprese. Naturalmente uniche scarpe da camminata comprese.

giovedì 13 agosto 2020

LLI - LUX LEADING IN ICELAND

Un furgone bianco, come l’abbigliamento che indossa lei. Una cartina per ciascuno, ‘così potete seguire dove andiamo’, le regole chiare, gli orari intensi. Le leggende della terra forse scoperta dal vichingo Nadir, che stava navigando verso le isole Faroer ma si è perso, ha lanciato l’albero maestro che è finito nella baia di Reykjavík e lì ha deciso di stabilire il suo insediamento, con la vittoria della razionalità. Così Lux comincia a raccontare del primo parlmento sorto sulla faglia che corre al centro dell’Islanda, il Pingvellir, dove ancora oggi succedono le cose importanti del paese, dove si fanno le foto di matrimonio e si fanno annunci, si prendono decisioni, dove un’anonima casetta bianca dal tetto verde è l’abitazione estiva del primo ministro, nientedimeno. Lux racconta delle leggende di Odino e Thor, ancora oggi parte delle religioni pagane praticate nel paese, che danno origine a tradizioni vivissime, come le tre casette in giardino per ospitare i tre folletti perniciosi che così, almeno, magari, non entrano in casa a fare i dispetti. E la Big Family comincia a viaggiare, sotto un’acqua battente e un vento da volare via. Prima raccomandazione: ‘Occhio quando scendete a tenere le portiere che il vento le porta via. Settimana scorsa ne abbiamo persa una.’
La faglia che si allarga, la cascata di doppia di Game of Thrones, Gullfoss, la cascata più grande d’Islanda (due salti di 15 e 22 metri, una quantità inimmaginabile di acqua che arriva dal ghiacciaio). E poi la “pozza”, il bagno nella Secret Lagoon, la piscina termale naturale caldissima con geyser a fianco, la camminata al ‘fresco’ intorno alla piscina in una sorta di sauna à façon, la lava aa (che sia chiama così perchè è tagliente e quando ci cammini sopra fai ‘aha’ perché ti fai male), le colonne esagonali di basalto, i vulcani che qualcuno ha un nome ma molti no perché ce ne sono troppi, le cascate lo stesso. La casa vichinga (ricostruita) dai resti di quanto distrutto da, indovina, proprio un’eruzione nel 1104, ora luogo di grande pace.
Un primo assaggio, a base di curiosità, interesse, scoperta e meraviglia, di questa Big Family ricostruita sotto un tempo arrabbiato e tempestoso.

ACQUA IN TUTTE LE SALSE

L’acqua, in Islanda, la trovi dappertutto e in ogni forma. Acqua di ghiaccio dei ghiacciai, acqua freddissima e infuriata che genera cascate imponenti e scenografiche, acqua calda delle pozze termali, qualcuna è attrezzata e qualcuna è, beh, una pozza. Acqua che esplode nel vapore dei geyser, acqua che bolle sotto la terra. Acqua che si mischia alla lava, acqua calda o che raffredda, che ‘profuma’ di zolfò, acqua che inonda e cancella le strade, acqua del delta dei fiumi glaciali che oggi passa di qui e domani passa di là.
Tutta questa acqua, quando può, cade. Generando cascate di ogni forma e dimensione. Molte hanno nomi impronunciabili. Per esempio:
Uksanafoss, cascata la doppia che ha fatto da scenario a Game of Thrones. 
Gullfoss, ammirata sotto una pioggia battente, anche se il nome, che ricorda l’antica lingua runica di alcune saghe fantasy, parla di una cascata d’oro (non si capisce se per l’arcobaleno dorato che si vedrebbe nei giorni di sole, o per un fantomatico tesoro sepolto dietro la cascata).
Gljufrabui, quella che per vederla ti devi infilare in un antro che sembra la grotta del regno dei morti della saga di prima.
Seljalandfoss, con il sentiero che gira dietro e vedi l’acqua che cade da una prospettiva unica: da dietro la cascata.
Skogafoss, quella che giri un angolo e vedi l’acqua cadere da un costone di roccia altissimo,  imponente e massiccia. E se segui il sentiero, salendo prima quattrocento gradini e a seguire una passeggiata mozzafiato, trovi tutti gli antenati della cascata imponente, cascate e cascatelle ognuna da togliere il respiro, insieme alla salita che toglie il respiro anche quella.
Seljavallalaug, la pozza di acqua calda al fondo di un vallone, costruita da un prete che voleva insegnare a nuotare agli abitanti del villaggio. Ci si chiede dove sia il villaggio.
Il ghiaccio del vulcano Eyjafjallavatnajokull, quello che qualche anno fa bloccò i voli di tutta Europa per un’eruzione che generò una nube di ceneri immensa, che spinta dalle correnti ha solcato i cieli di mezza Europa lasciano gli aerei a terra e creando cieli dai colori unici (XX ha ancora negli occhi il giallo sopra Parigi, quando è riuscita a salire per il rotto della cuffia sull’ultimo volo prima che chiudessero tutto).
Il geyser visto all’alba, che spruzza vapore a venti metri un po’ quando vuole lui, con intorno soltanto le fumarole accanto a cui è prudenzialmente sistemato il cartello ‘vietato fumare’.

UNA FUSOLIERA FUCSIA E UN BASTONCINO NEL NASO

L’aereo colorato di un’improbabile fusoliera color fuxia, come pure la coda e i margini delle ali. Le hostess che non parlano una parola di italiano, il volo pieno come un uovo, neppure un posto libero. All’arrivo, il passaporto diventa un dimenticato optional rispetto alla necessità del tampone per il Covid. File separate, un bastoncino in bocca e uno nel naso, un’app da scaricare e l’attesa del risultato. Nel frattempo ecco i Noicinque, in formazione Big Family con Lux che  regala loro il benvenuto più benvenuto di tutti: la foto del dell’aereo dalla fusoliera fuxia che sta per atterrare, con loro a bordo. Wow. La didascalia ‘benvenuti’’, a corollario della foto dell’aereo che li sta portando nelle terre del nord, è tanto semplice quanto profonda. Grazie, Lux.
I primi commenti a caldo: ‘È già bello, anche da qui.’ (Microba dall’aereo in avvicinamento per l’atterraggio).
‘Parlano peggio di Scaracchio.’ (da Dragon trainer in inglese, ndr - cucciola di mezzo alla fila per il tampone, a commento delle indicazioni fornite dai poliziotti islandesi all’immigration).

mercoledì 12 agosto 2020

ERA BASTATA UNA TELEFONATA

Tempo di Covid, molte cose sono saltate. Così, con una telefonata al sorridente cuginone FF, si sono poste le basi per un’estate diversa, nata come piano B rispetto alle previsioni di viaggi intercontinentali, e che ha man mano preso forma senza troppi pensieri. Si ricostituisce la Big Family, quella dell’aurora boreale, con la perdita di un paio di elementi causa eccesso di studio o di caparbietà. Ci si affida alla rocciosa Lux, che questa volta disegna un percorso in Islanda, la frontiera più lontana raggiungibile entro i limiti dell’Europa, dunque delle limitazioni Covid.
Così la telefonata di un’idea si trasforma, senza quasi neppure pensarci, in un viaggio pazzesco.
E adesso che sono partiti, e arrivati nell’isola del nord, XX riconosce il grande valore dell’entusiasmo della risposta a quella telefonata, da cui tutto ha cominciato a sembrare possibile.

martedì 4 agosto 2020

L’HA CHIESTO A GOOGLE

Deve essere una sorpresa. Lei che osserva tutto e vuole fare un regalo alla nonna MM, che ha una cover del telefono trasparente, ormai ingiallita e decisamente poco interessante. Così le vuole regalare una cover con una foto sua, o delle prossime vacanze.
“Si, microba, è una bellissima idea, però io non conosco il modello del telefono della nonna.”
“Io lo so. L’ho chiesto a Google.”
“...che cosa hai chiesto a Google? ‘Ok Google, mi sai dire che telefono ha la mia nonna?” - per quanto sia in effetti possibile che Google lo sappia.
“Si, ma gliel’ho chiesto dal telefono della nonna. Ho chiesto ‘Che telefono è questo?’ E lui - notate ‘lui’, cioè Google, ndr - mi ha mandato sulle impostazioni, ho già segnato il modello nelle mie note e guarda, questo sito fa le cover anche del modello della nonna.”
XX prende un appunto mentale di mettere al sicuro, molto al sicuro, il file delle password dalle grinfie microbe, che troverà comunque maniera di aggirare gli ostacoli.