sabato 16 giugno 2018

UN LUOGO INACCESSIBILE

"Di necessità virtù." Questo un po' il mantra di XX  che, pur amando andare lontano che più lontano non si può, questa volta, quando l'hanno avvisata a circa tre settimane dall'evento che era lei ad aver guadagnato la trasferta in Corea, non ha esattamente fatto i salti di gioia.
E' comunque partita, ma con l'intenzione e la curiosità si saperne un po' di più su quel luogo inaccessibile che comincia appena a una sessantina di chilometri a nord di Seoul, la Corea del Nord.
Le era stato suggerito, da un amico e viaggiatore di mestiere, che esistono dei tour che da Seoul ti portano nella zona demilitarizzata, a dare un'occhiata dove nessuno va. Così, dopo i doveri istituzionali dei tre giorni di fiera, i mille incontri a senso unico (con la barriera della lingua in realtà nessuno parla con te, si aspettano e ricevono quasi tutta una traduzione la cui accuratezza resta un mistero), le cene di gala a base di pesce ("veramente avevo chiesto un piatto vegetariano..." "ah, ma questo è pesce. Non mangi nemmeno il pesce?" No, in effetti mai mangiato), XX si è ritagliata un sabato lontano, ma proprio lontanissimo, fino ad arrivare a quel gradino che Kim Jong Un ha saltellato insieme al premier sud coreano qualche settimana fa e che è finito in mondovisione.
Pullman, cinque diversi controlli passaporti, XX ha firmato un "consenso informato" per il quale una delle conseguenze di trovarsi in una zona ostile poteva facilmente essere la morte. Il viaggio, orchestrato al millisecondo da Soo-Jin, la guida dalle radici probabilmente svizzere, ha portato XX all'interno di uno dei tunnel scavati per sorprendere Seoul con un attacco militare (e chissà ancora quanti ce ne sono), attraverso la zona demilitarizzata (DMZ: Demilitarized Zone) dove per quattro chilometri non c'è personale militare (così non riescono a provocarsi a vicenda, il Sud e il Nord, questo sarebbe lo scopo) ed infine l'unica zona, un cerchio di circa 800 m di diametro, in cui il personale militare si fronteggia, la Joint Security Area (JSA).
Qui ci sono i soldati della Corea del sud, immobili come statue in una posizione di taekwondo moderno con i pugni chiusi, a guardia, dentro e fuori, dei propri edifici. Qui si è firmato l'armistizio che ha posto fine alla guerra (se si può parlare di guerra finita, in quest'area continuano a succedere piccole e grandi schermaglie), qui gli edifici che appartengono al sud sono identificati da un brillante azzurro cielo, grisaglia invece riservata agli edifici del nord. Non è stato possibile vedere neppure un soldato del nord, ma è stato possibile passare il confine. Le casette blu, infatti (che tanto ricordano a XX le mobil-school degli anni settanta quando i bambini erano troppi per entrare tutti nelle aule della scuola) cascano a metà del confine, quel gradino passato di recente dai due leaders in mondovisione. Il confine attraversa, all'interno delle casette blu, un tavolo su cui il filo dei microfono (che registrano H24) fa le veci del confine. Giri intorno al tavolo, e sei in Corea del Nord, uno dei luoghi più inaccessibili del pianeta, sotto lo sguardo, schermato da scurissimi occhiali da intimidazione, dei soldati.
Il posto non è niente di speciale, a vederlo, a parte l'improbabile colore degli edifici. Si respira però un'aria di storia, passata, presente e futura, di due paesi dalla stessa lingua e cultura, divisi da troppo.

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