martedì 3 gennaio 2023

NAPOLI MILLE EMOZIONI

L’anno scorso a quest’ora i Noicinque scorrazzavano tra le isolette norvegesi innevate e a picco nel mare, arcipelago in cui sono stati blindati causa test covid positivo della cucciola grande. Quest’anno, in formazione ridotta perché la stessa cucciola grande non ha voluto rinunciare a coccolarsi il suo cavallo e soprattutto a cinque giorni di autogestione sola in casa, la meta è stata meno lontana forse, ma ugualmente esotica.

I Noiquattro sono arrivati, con la famiglia dell’amica antica SJ, nella bella Napoli, per viverla ‘da dentro’, attraverso cooperative e progetti sociali che offrono alternative al malaffare.

Così in questa prima giornata piena hanno visto tante cose accompagnate dalle parole sapienti e dagli occhi gentili di Gianluca, la guida che li ha accompagnati alla scoperta di una città inedita. E con lui hanno scoperto, per esempio, che l’ex convento in cui dormono si chiama Monacone in onore di un certo San Vincenzo che pare responsabile di svariate guarigioni miracolose dalla peste del milleseicento, ma la chiesa lì accanto è intitolata a San Vincenzo oppure a Santa Maria a seconda di chi te ne parla, un po’ come inter e milan.

Hanno visitato le catacombe dove c’erano le nicchie di taglie diverse a seconda della stazza del morto, che veniva lasciato alcuni mesi a ‘seccare’, diciamo, per poi avere il capo tagliato ed esposto in affreschi e guadagnarsi, con l’indulgenza pagata per questa esposizione del cranio, una più rapida ascesa in paradiso. Così nei sotterranei di San Gaudioso (che è un altro santo ancora, Napoli sembra avere cinquantaquattro protettori, in un pantheon curiosamente simile a quello delle divinità indù) si visitano nicchie vuote e teschi montati sopra affreschi di scheletri con pantaloni o gonne sontuose a caratterizzarne il nobile proprietario o proprietaria. 

Uscendo alla luce, nel quartiere Sanità, ci si emoziona di fronte a enormi murales che raccontano di volti di bambini del rione, di due fratelli affetti da una malattia genetica e poi guariti, da una statua a colori di un ragazzino ucciso da una ‘stesa’, una sventagliata di mitra di avvertimento dei clan.

Qui tutto è rumore forte, traffico impensabile, scooter che filano via a pochi millimetri dai passanti, musica, colori, profumi, banchetti e botteghe in un intreccio unico e caotico.

La guida Gianluca dagli occhi gentili mostra il duomo e racconta la storia di san Gennaro, che poi forse era tunisino e poi forse è stato scelto come patrono per il nome, perché, sempre forse, il duomo è stato costruito sopra un tempio pagano intitolato a Giano bifronte e Gennaro era il nome che gli somigliava di più. Forse. 

E poi quella cosa del miracolo, che per la chiesa miracolo non è ma viene definito come evento inspiegabile, la liquefazione del sangue di san Gennaro: siccome la prima volta che successe fu durante uno dei trasferimenti della reliquia nel millesettecento circa, da allora l’idea è che il sangue si sciolga quando è trasportato, indi la processione. Prima si scioglie, meglio è. Tutti hanno qualcosa da chiedere a San Gennaro per sè, per la città, per qualcuno di caro…e la richiesta viene fatta un po’ come si farebbe ad un parente ricco, ‘eddai, che ti costa?’, un po’ richiesta e un po’ pretesa.

Gianluca racconta che le prime file della processione sono occupate dalle ‘parenti di San Gennaro’, vecchiette che cominciano con richieste dirette che mano a mano che la cerimonia procede diventanto sempre più imprecazioni, proprio come si farebbe con un parente ricco che non ci ascolta quando gli chiediamo un favore. La commistione tra religione, spiritualità, superstizione e baratto ha un che di incredibile.

E poi la giornata si allunga verso il mare, alla ricerca di un po’ di sole, un po’ di cielo invisibile dai vicoli e decumani, ed ecco che là, tutto a sinistra guardando il mare, compare il Vesuvio. Grande e presente, sembra fare la guardia alle formichine, mille e mille, che si affannano operose ai suoi piedi.

Questa prima giornata ha raccontato di una città dalle mille letture, dal mille colori. Non a caso, si canta così.

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