martedì 17 ottobre 2017

IL MITO DI MEZZO - SCRIVE SEMPRE LEI

Scrivo un mito. L’eruzione vulcanica

Ad Atene viveva una ragazza bellissima, Erilia. La fanciulla era molto brava nel tiro con l’arco, tanto che alcuni la consideravano più brava della stessa Artemide. Quest’ultima, che udiva tutto dall’alto del monte Olimpo, si sentiva derisa e umiliata e decise di sfidare la giovane Erilia in una gara che prevedeva tre prove. Una volta finite queste tre prove si aggiudicava il titolo di vincitrice chi colpiva più bersagli, ottenendo così gloria eterna.
Zeus, però, che voleva sempre mantenere alto l’onore degli dei, la notte prima della gara volò da Efesto in Sicilia e gli ordinò:
- Efesto, entro mezzanotte dovrai fabbricare tre frecce che al loro interno abbiano frammenti di fulmini, così che sarà più semplice per Artemide vincere la gara contro Erilia. 
Efesto eseguì ubbidiente lavorando fino a mezzanotte quando, puntualmente, consegnò a Zeus le frecce ancora roventi e fiammeggianti. 
Erilia, alzatasi all’alba, stava andando nella foresta ad esercitarsi con l’arco.
Passando accanto alle armi di Artemide però, si accorse che  che avevano qualcosa di strano: erano più scure di comuni pietre e si intravedevano scintille dorate. Incuriosita, Erilia le portò con sè nel bosco, dove si sarebbe svolta la gara. Le provò e scoprì che sfrecciavano molto più veloci di quelle comuni e che era semplicissimo mirare, dato che erano attratte dalla roccia del monte Olimpo, verso il quale erano rivolti i bersagli.
Quando tornò alla capanna dove avevano passato la notte, sotto sorveglianza per non permettere alle due sfidanti di assumere sostanze che avrebbero permesso loro di vincere, Erilia si recò nella stanza di Artemide e la trovò vuota: probabilmente era già salita a fare colazione, quindi ne approfittò per lasciare nella sua faretra le frecce comuni, mentre si tenne quelle con i frammenti di fulmini.
Qualche ora dopo Erilia era nel bosco con Artemide circondata da tutta la cittadina di Atene e dagli altri dei.
Zeus annunciò con voce tonante che la gara era iniziata e la ragazza incoccò una freccia nel suo prezioso arco, essendo la prima a dover tirare.
Quando scoccò, il dardo sibilò nell’aria, andando a conficcarsi nel centro del bersaglio.
Ad Artemide non era concesso usare i suoi poteri, il che la irritava non poco. Quindi, già irritata e distratta dall’ira, tirò la freccia che però andò a conficcarsi nella banda precedente il centro. Non era possibile che Erilia avesse fatto meglio di lei.
No, lei avrebbe vinto, era una dea, non poteva farsi battere dal quella mortale.
La fanciulla continuava a colpire esattamente l’interno del bersaglio, mentre Artemide mise a segno solamente un punto.
La gara fu vinta da Erilia, che divenne famosa in tutta la Grecia.
Artemide e Zeus erano furiosi.
Così, quella notte, il re degli dei dall’alto del monte Olimpo, credendo che la sconfitta della dea fosse tutta colpa delle frecce di Efesto, lanciò dei fulmini nell’Etna, il vulcano dimora del dio.
I fulmini, a contatto con il calore della montagna, provocarono un’esplosione talmente forte da scuotere tutta la Sicilia.

Così nacque l’eruzione vulcanica.

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