giovedì 9 aprile 2020

LE PORTE CHIUSE

Le porte chiuse. A cinque settimane di quarantena, sono le porte chiuse il leit-motiv del periodo. Dietro ogni porta, un Noicinque impegnato nelle sue attività; dietro ogni porta chiusa una finestra aperta che li proietta ciascuno in un mondo diverso.
C’è il mondo cucciolo grande, che si accende con svizzera precisione alle 8.10 ogni mattina e parla di auristo, di declinazioni e teoremi, di regole di grammatica inglese e di teoria dello sport. Si, perché perché anche le ore di educazione fisica hanno la loro dignità e, soprattutto, la loro classe virtuale secondo l’orario consueto, cioè quello del tempo in cui si andava a scuola. E poi c’è il mondo del pomeriggio, quello degli allenamenti insieme in videochiamata, le storie della preziosa Lux, appena rientrata dal circolo polare dove c’era talmente poca gente che in distanziamento sociale la parte ‘sociale’ era per nulla pertinente. Dunque lei parla di meravigliose storie di cani da slitta.
Poi c’è, dietro la porta di una camera appena conquistata, il mondo cucciolo di mezzo. Qui l’orologio delle lezioni è scandito meno rigorosamente, e si usano un po’ tutti i mezzi per superare  i trabocchetti della tecnologia. Difficile non sorprenderla con il telefono in mano, mentre in chat (sostiene lei) proliferano le informazioni per la connessione alla scuola virtuale. Degni di nota, un paio di exploit dell’insegnante di musica: in un primo tempo ha messo sulla piattaforma un video di lei che suona una colonna sonora di noto e apprezzato film Disney al flauto, chiedendo ai ventidue tredicenni di replicare la performance e mandare il proprio video. La storia non dice se la suddetta insegnante ha riflettuto sul fatto che ogni tredicenne ha un’intera famiglia che con lui convive su una routine 24/7 e che la formazione sul flauto poteva essere molesta. Soprattutto se il flauto intero è rimasto nella scuola di tua sorella e tu suoni con una cosa tenuta insieme con lo scotch in più punti. La storia pare racconti che molti abbiano dichiarato di non avere il flauto a casa, non si sa se motu proprio oppure dietro malcelata minaccia dei propri familiari, così la nuova consegna pare sia il video di un loro canto, non ancora ulteriormente specificato. Il secondo, brillantissimo, exploit, riguarda l’assegnazione di un lavoro di gruppo. Da fare a distanza, in quarantena, durante la più grande pandemia che il mondo moderno abbia mai conosciuto. No comment, please.
Il terzo mondo che si apre è quello microbo. Grazie al pc nuovo nuovo, regalo anticipato per sacramenti che non si sa se e quando verranno celebrati, e che le permette di partecipare in assoluta autonomia all’orario delle classi virtuali, non troppo oneroso, a dire il vero. Pare che si costruiscano aerei di carta nelle ore di matematica per poi farli volare molte volte e fare le prime analisi statistiche sui voli. Lei inoltre confeziona presentazioni ppt in inglese con foto dei familiari, rigorosamente a viso coperto “per la privacy”, in cui dimostra assoluta competenza nel present simple, oltre che sui più comuni strumenti di Office. Chatta quotidianamente con la maestra di italiano, la dolce Lil, che soffre la quarantena come e più di loro. Alla microba mancano come l’aria il sole, le corse, le puzzette fatte insieme agli amici, le risate di niente e gli abbracci. Oltre alla scuola, sembra usare la sua finestra virtuale per scrivere libri, si è perso il conto degli incipit, e complilare le “Cronache della Quarantena”, oltre a screenare le recensioni delle serie di Netflix proponendo, alla sua famiglia sorda alle microbe preferenze, i suoi desiderata.
Il quarto mondo che si apre, questa volta dietro nessuna porta chiusa ma in balia dei decibel domestici, è quello dello smart working di YY. Cuffietta e microfono on la sua uniforme, per la gran parte della giornata discute con dozzine di colleghi di progetti attuali e futuri il cui ondivago destino richiede non poche riflessioni. Quando qualcuno compare in soggiorno, ormai il muto labiale è d’obbligo: ‘Sei in call?’, domanda alla quale otto volte su dieci si ottiene in risposta un cenno d’assenso condito da deciso cipiglio a suggerire di non fare baraonda. Il cipiglio non è bastato quando, nel flash mob delle 12, i vicini oltre che applaudire battevano le padelle e lui ha dovuto contestualizzate alla dozzina di colleghi in collegamento come il vicinato si fosse fatto prendere la mano dalla socialità da balcone.
Il quinto mondo virtuale è quello di XX. Fatto, per ora, di attività professionali incastrate in una transizione sospesa, o no, che procede con un tira e molla estenuante, ora è velocissima, ora è non prima di giugno, ora torna ad essere imminente per poi diventare prevista alla Pentecoste. Lei organizza e riorganizza archivi per avere le cose il più possibile in ordine, entra in call di cortesia per gli auguri di Pasqua e ogni tanto chiama i colleghi più amici per sentire ancora di appartenere, quando è ormai da tempo che il senso di ‘fare parte’ è parecchio attenuato. Poi c’è anche il mondo altro, quello della centratura, delle chiacchiere, eccetera, che ormai usa le piattaforme virtuali come prima si usava il motorino. C’è la classe di yoga, con i volti noti ed accoglienti, la meditazione con la preziosa amica antica SJ, qualche aperitivo in cui le finestre si uniscono in una panoramica di amici con cui fare merenda e  giocare a “nomi, cose, città” la domenica pomeriggio  e l’aperitivo di chiacchiere il venerdì sera. 
Le finestre sul mondo di questa primavera duemilaventi, ciascuno la sua dietro una porta chiusa e qualche finestra panoramica che unisce.

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