martedì 21 aprile 2020

QUARANTINED A QUINDICI ANNI

Non un solo secondo di sonno sprecato. Compari assonnata, in pigiama, con gli occhi quasi chiusi e il cervello che ancora dorme, sei mattine su sette, appena in tempo per ingurgitare una frettolosa colazione, risvegliare il computer che non spegni mai (per non perdere i codici delle lezioni) e presentarti all’appello della prima ora. Rigorosamente con la telecamera oscurata ‘altrimenti salta la connessione’, ripeti come un mantra. Solo che la prof di greco, quella della live su YouTube al giorno due di scuole chiuse, vi vuole vedere in faccia, voi, boccioli della cultura di domani. E anche quella di ginnastica, che non sa bene cosa fare ma almeno vi vede e, chissà, alla fine dell’anno al consiglio di classe avrà un po’ più presente chi siete.
Con gli altri, schermo buio e microfono zitto, tranne quando tocca a te commentare il problema di algebra o correggere la frase di latino. Indossi rigorosamente i pantaloni del pigiama fino all’ora di pranzo e solo un’insistenza familiare ti fa mettere una felpa al posto della parte superiore del pigiama, o forse semplicemente sopra. “Guardate che tutti i miei compagni sono in pigiama, non si veste nessuno. Siete voi che siete strani.”
Eggià. Strani a lavarci, vestirci, fare il letto e pulire casa, rimanere in un’atmosfera di presentabilità anche quando non ci si deve presentare a nessuno.
E proprio tu, che dichiari di stare benissimo in quarantena, ti ritrovi a sorridere di più, a parlare addirittura, qualche volta, perfino con le sorelle. Le vai anche a cercare ogni tanto, ti ho visto, non dire di no. Dal piedistallo della tua cultura classica, ti ho anche sentito dare dettagli su Giulio Cesare che giudicavi carenti nel sussidiario di quinta elementare.
E più ci penso e più sono fiera di te e di come hai saputo reagire alla clausura - diciamo che non sei mai stata particolarmente una party girl - in quel momento magico di sospensione dell’adolescenza, quando il cervello crea connessioni come solo una volta prima, nel primo anno di vita, quando si costruisce l’identità della persona che sei e sarai, ecco, mi scopro fiera di vedere chi stai diventando. Triste, perché la costruzione dell’identità passa in gran parte attraverso la relazione che ci è oggi impedita se non filtrata da schermi inodori, triste perchè a quindici anni ci si tocca e ci abbraccia, ci si trova e ritrova con lo specchio dell’altro, e oggi lo specchio è un filtro colorato, si, ma senza sapore, odore nè tocco. Eppure. Eppure cerchi, e trovi, due sorelle con cui, talvolta, non sempre - per amor del cielo - fare, vedere e sperimentare. Eppure cerchi il contatto con i tuoi familiari, fino a qualche tempo fa considerati grossomodo coinquilini. 
Ebbene, ho trovato una frase che riporto qui: “Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice. Uno di questi si chiama acqua, un altro ancora si chiama vento, un altro ancora si chiama: sole e arriva sempre come una ricompensa dopo una pioggia.” Lo scrive Luis Sepulveda, lo dice il gatto che insegnò a volare alla gabbianella. E così questo e solo questo può essere l’auspicio per il tuo radioso futuro, quello che stai costruendo dietro uno schermo e che prima o poi si potrà di nuovo vivere dal vivo, in libertà. Con la libertà di ritrovare i tuoi amati cavalli indisciplinati, le prese di arrampicata, i sorrisi degli amici. Vola con lo spirito, per ora, come stai facendo. Per seguirlo con tutta te stessa appena puoi.


La tua mamma

Nessun commento:

Posta un commento