giovedì 23 giugno 2022

QUALCHE COSA, DELLE MOLTISSIME, CHE NON SAPEVO SULLA POLONIA

XX è ripartita quasi senza passare dal via, alla volta dinuna destinazione inconsueta, Varsavia. I suoi ultimi ricordi polacchi raccontano di un paese spoglio, di sguardi indecifrabili e tristi, della lingua che ha meno vocali in assoluto rispetto alle consonanti, di strade statali e spostamenti eterni.

Si ritrova in un paese verdissimo e rinnovato (la pioggia battente e violenta del primo giorno d’estate, e delle settimane precedenti ha probabilmente contribuito) e un popolo accogliente e sorridente. Viene sballottatta in mille incontri, - il primo giorno qualcuno le presta un piumino del figlio perché, in effetti ci sono dieci gradi e un tempo da lupi (delizioso il pensiero di portare qualcosa per tenerla calda, quasi ancora prima che lei avesse freddo); parla al suo seminario ricevendo domande acute e pertinenti. L’accoglienza polacca si spinge alla visita della città vecchia, che vecchia lo sembra soltanto perché dopo la distruzione della seconda guerra mondiale è stata completamente ricostruita, in stile, dagli abitanti di Varsavia. Non dai professionisti della costruzione, proprio da tutti.

Var era un pescatore che intorno all’anno mille si innamora di una sirena, e insieme fondano la città- Varsava, l’unione dei loro nomi. Polacchi importanti: papa Wojtila, Lech Walesa e Maria Slodowska, più nota al mondo come Marie Curie (nella francesizzazione del nome le origine polacche scompaiono), che, fra l’altro, ha scoperto il polonio e l’ha chiamato così in onore alla sua partia. A queste citazioni XX aggiunge una recente scoperta, la poesia della poetessa Szymborska.

A Varsavia non si pranza. La giornata comincia il mattino con una colazione, prosegue tutta d’un fiato fino alle 17.30 circa, orario in cui si fa una cena leggera, la chiamano soft dinner - XX si trova seduta ad un ristorante dove servono dei curiosi fagottini ripieni che chiamano gnocchi, in italiano; due ore dopo è ora della cena vera, che si chiama supper. Curiosamente, dopo aver sperimentato questa nuova routine, all’ora di pranzo nessuno ha fame, neppure i visitatori stranieri.

XX rientra alla fine della settimana con un superalcolico al lampone in valigia, l’espressione di gratitudine del team polacco, alcuni prodotti donati dai clienti e un cuore riscaldato dall’apertura e dalla gioia che ha respirato.

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