domenica 23 luglio 2023

DIARIO DI VIGGIO 2

Sono ancora mille le cose da vedere, gustare, esperire a Delhi prima di partire, microba e XX proveranno a farne qualcuna. Fanno colazione a base di musica tradizionale dal vivo ed accompagnate da Vishal, il cameriere che prende il suo ruolo un filino troppo sul serio.  Sempre guidate dal fido Deepchand, che la mattina si presenta con un’auto ancora diversa, caricano la valigia (l’unica in loro possesso in quanto la valigia microba risulta ancora missing in action) e si preparano con gli occhi curiosi a lasciarsi stupire dalle mille altre novità. Per esempio, vanno a visitare un tempio sikh che dirlo così sembra la parrocchia barocca di uno dei nostri borghi. Intanto, ti togli le scarpe e mentre cercano di capire, nel tumulto di folla con turbante, da che parte andare, una giovanissima con gesti piuttosto assertivi le guida verso due panche dove una guida volontaria comincia a scoprire tutto ciò che nel tempio sikh deve stare scoperto, come i piedi, e coprire quello che nel tempio sikh è invece da coprire, come la testa, le spalle e le caviglie, con fazzolettini giallo limone, sciarpine beige o pantaloni del pigiama (o qualcosa di molto simile per le caviglie della ragazza francese che sta seguendo lo stesso percorso). Il tempio è di un bianco abbagliante, molti sikh sono vestiti in abiti tradizionali bianchi, cantano e pregano e donano fiori e spruzzano acqua. 

Adorano un libro, il libro sacro che ha una camera da letto che sembra la casa del nuovo film di Barbie, il libro viene svegliato e portato nella zona giorno all’alba e riportato nella zona di riposo al tramonto. Intanto i fedeli adorano sia il libro che i suoi appartamenti, giorno o notte che sia.

Poi giri un angolo tra i marmi abbaglianti e scopri una piscina enorme, popolata da pesciotti dalla forma di carpe, dove ci si lava piedi e mani e altro prima di pregare. C’è un ospedale che è il più grande di Delhi dove si viene curati gratuitamente, qualsiasi sia il credo, la casta, l’origine o il genere o il colore.

E poi molti e molte volontari e volontarie si accucciano a lavorare nelle immense cucine, a preparare centomila - si CENTOMILA - pasti che ogni giorno vengono distribuiti a chi lo chiede, ancora una volta colore, credo, origine e casta irrilevanti.

Nel giro dei mille credo che l’India ospita non può mancare il tempio di Lakshmi, la moglie di Vishnu; qui scopri i piedi, non serve coprire la testa ma in compenso sono vietate le foto. Così si scoprono anfratti e altarini e fiori e offerte di acqua e banane e pigmenti colorati per disegnare simboli sacri sulla fronte e c’è chi canta in sanscrito a voce piena di fronte a statue dorate e vestite dei colori più sgargianti. Il tempio è stato il primo inaugurato dal mahatma Gandhi che permetteva l’ingresso senza distinzioni di casta, anche qui il bianco è abbagliante e le cupole dei tetti sono di un caratteristico color rosso mattone.

Poi, non puoi dire di essere stato a Delhi se non hai visto l’India gate. A metà strada tra l’arco di trionfo e porta Romana, questo monumento è davvero molto caro a tutti gli indiani, ricorda i caduti della prima guerra mondiale. Al netto del simbolo di omaggio che rappresenta, è circondato da dispettose scimmiette che si rinfrescano nelle piscine accanto al monumento e cercano di accaparrarsi tutto il cibo che trovano, soprattutto quello lasciato per un attimo incustodito negli zaini dei visitatori. Così la visita ad uno dei monumenti più iconici di Delhi si è trasformata in una specie di safari fotografico alla caccia delle mille dispettose attività delle scimmie, comprese liti inter-specie scimmie-uccelli.

E poi c’è ancora un altro tempio caratteristico, inaugurato appena una ventina di anni fa e che ricorda l’architettura devozionale tradizionale. Si chiama Akshardham, è stato intitolato ad uno swami del 1700 che pare aver fatto molti miracoli a partire da quando aveva otto anni. L’interno racconta di ricchezza e devozione. Qui XX si è emozionata nella sua prima visita, una settimana prima, qui aveva perso alcuni documenti irrilevanti come carta di credito e tessera stampa, qui ha tentato di cercarli e/o di avere una specie di denuncia, qui con la microba hanno passato i controlli che vietano i telefoni e per fotografare la denuncia di smarrimento (e tenerne copia) sono dovute uscire dal perimetro del tempio con la guardia.

Al netto delle difficoltà amministrative, anche qui si respira un’aria di devozione oltre l’immaginabile nel mondo occidentale.

Delhi non è finita, tuttavia è finito il tempo a disposizione, e con una valigia su due XX e microba si imbarcano verso il sud, dove i monsoni in questa stagione picchiano duro.

Dal momento che però le comunicazioni a singhiozzo a tema bagaglio perduto localizzerebbero la valigia microba proprio all’aeroporto di Delhi, decidono di tentare la fortuna e cercare di intercettarla lì. Peccato che la signorina che spiegava dove andare a cercare la valigia indicasse gli arrivi dellaeroporto, e in India le zone delle partenze e degli arrivi non sono permeabili. Se non arrivi in aereo, agli arrivi non puoi andare. Nemmeno se parti (in quel caso, puoi andare alle partenze). Nemmeno se la tua valigia pare essere dispersa lì. Quindi XX insiste un po’, alla fine qualcuno chiama qualcun altro che chiama qualcun altro che porta la loro valigia. Forse. ‘Wait here, five minutes.’ E a furia di five minutes rischiano di perdere il volo verso il sud. Ma soprattutto, quando arriva il qualcuno chiamato da qualcuno con una valigia…NONÈLAVALIGIAGIUSTA. C’è scritto il nome microbo, ma semplicemente appartiene a qualcun altro. Inutilmente tentano di fare breccia nei controlli e cercare di andare a identificare la valigia giusta; con le aspettative sbriciolate si imbarcano, per un pelo, sul volo verso sud.

L’altro grande evento di questo trasferimento è l’aver ottenuto, dopo circa due ore e dieci di attese, trattative e tentatitivi, una sim card per i dati che sembrerebbe funzionare nel telefono microbo, in assenza del router disperso nell’altrettanto dispersa valigia microba. Of note, XX ha dovuto indicare ‘nome di padre o marito’ tra i mille dati necessari per la sim. Non le è piaciuto.

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