C’è un’incomprensione di fondo tra i visitatori dei parchi del nord-ovest e i ranger degli stessi parchi. Il conflitto riguarda l’approccio all’incontro con orsi neri o grizzly. Nello specifico, i visitatori vorrebbero incontrare l’orso da vicino, fare un sacco di foto e osservarlo per bene. I ranger, dal canto loro, tendono a disincentivare qualsiasi avvistamento e suggeriscono invece di fare molto rumore, essere numerosi sul sentiero, gridare ‘hey bear’ dietro ogni curva per evitare di sorprendere il maestoso e unghiuto animale e farlo sentire minacciato permettenogli così di allontanarsi. Niente incontro, niente foto e soprattutto niente pericolo.
La big family, che l’orso l’ha già visto e pure da vicino, realizza dunque di aver disatteso tutti i suggerimenti all’osservazione dell’orso dal sentiero. Mano a mano che le gite si fanno più nell’interno, su sentieri meno battuti, si attrezzano con spray antiorso, chiedono un corso ad hoc alla ranger su come usarlo e si fanno più cauti, o perlomeno armati.
E poi accade che lungo una strada sterrata, dall’auto, si palesa un orso nero intento a mangiare bacche, vicino vicino. Lo vede la microba, grida ‘orso, fermati!!’, YY ribatte ‘sei sicura?’ ‘SONOSICURAFERMATI!’.
E così l’orsetto viene fotografato in relativa sicurezza, riempiendo il cuore di tutti. E pure i ranger erano abbastanza sereni.
Il pomeriggio si srotola con un’altra avventura, quella del rafting. Fare rafting in ‘white waters’ vuol dire sulla schiuma bianca, quella delle rapide. Il fiume è lo snake river, ti portano in uno scuolabus in servizio al tempo la guerra del Vietnam ed è probabilmente l’ultimo mezzo rimasto su suolo americano senza aria condizionata. Poi arriva Zac, la guida di uno dei gommoni (quello noiquattro) che grida come il tenente di Full Metal Jacket, ma che alla fine ha fatto loro vivere un’esperienza indimenticabile, a base di rapide e remi, acqua gelata, avvistamenti di aquile e falchi pescatori e tane di castoro.
Nessun commento:
Posta un commento