venerdì 29 luglio 2022

CRONACA DI UN D-DAY

Il giorno è arrivato. Quello a cui non riuscivo a smettere di pensare, e ancora non riuscivo proprio a immaginare. Quello intorno al quale tutta questa trasferta è stata costruita. Così, dopo aver rivoluzionato l’ultima logistica, fatto l’ultimo meeting con il collega fanatico dei Mets, mi sono messa su varie freeway alla volta del tuo camp, cucciola di mezzo. Ho attraversato i verdi boschi del Michigan, e ho cominciato a piangere ancora prima di arrivare nel parcheggio. Vedere qualche indicazione per il camp mi aveva in effetti già scosso.

All’ingresso incontro Emily, la direttrice, a cui chiedo con lo sguardo, ancora prima che con le parole, che tutto sia andato bene. Lei mi anticipa e ci ringrazia per averle mandato una una creatura così meravigliosa come sei. Dice che ti vorrebbe nello staff, a partire da quando si può (e qui mi sono un po’ persa tra sophomore, junior e senior year). Ho capito che forse manca ancora un po’, ma la proposta resta. Lei parla e io piango, cercando di capire dove andare. Riprendo la macchina, dal momento che molti dei bagagli assomigliano ai voluminosi bauli con cui si attraversava l’oceano nell’ottocento, l’idea è che le auto arrivino il più vicino possibile. Così parcheggio accanto al tuo numero di cabin, mentre dietro di me va in scena l’unica vera proposta di matrimonio che io abbia mai visto dal vivo (…). Un gruppetto di ragazze si schiera accanto alla portiera del passeggero e sfodera cartelloni con scritto ‘Will’   ‘you’   ‘marry’  ‘Dave?’, mentre Dave si inginocchia accanto alla portiera aperta con un anello.

Tu eri spettatrice partecipe di tutto questo, e soltanto dopo qualche minuto ci siamo viste. Ho riconosciuto nel tuo sguardo, nella tua espressione gioia e tristezza, un cuore gonfio, come il mio, di un miliardo di emozioni. Il tuo viso che mi vede e quel nostro primo, lunghissimo abbraccio singhiozzante non me lo scorderò mai. Intanto le tue compagne ti si fanno intorno, una mamma ti invita in West Virginia, si presentano, cantano e ti abbracciano. Vi abbracciate in un modo così unico, così profondo, di chi ha scambiato un pezzo del suo cuore con molti altri pezzi, e tutti fanno un insieme che non c’era, e che è bellissimo. Cory racconta di un incendio che tu e lei avreste contribuito a generare, l* tu* Claire parla del gruppo e delle parole in polacco che vi avrebbe insegnato. Tu hai contribuito alla scuola di lingue insegnando la parola ‘farro’, che tanto nessuno ha imparato a dire a causa della doppia erre, sembravano piuttosto gargarismi. 

Conosco le tue leaders, la tua migliore amica americana Maddy che è simpaticissima e non smette di piangere, abbracciarti e cantare, fate insieme una specie di saluto-balletto che nemmeno nei film, una cosa complicatissima. E poi ancora quell’abbraccio a cerchio, testa contro testa, a dirvi forse tutto forse niente, a significare il mondo, insieme. 

Non è possibile visitare il camp, lo capisco, non siamo ancora usciti dalla pandemia. Le ragazze però ci danno le indicazioni per arrivare almeno di fianco alle dune di sabbia che sono nel tuo, nel mio e in molti altri cuori, giusto alla fine della strada, dove inizia il lago. Così parcheggiamo su una spiaggia di sabbia, il lago che ha l’orizzonte del mare, e pure le onde, in effetti. Mi fai vedere la strada che facevate con i kayak, per allenarvi, e respiriamo insieme un mondo bello. Dalle onde e dalle dune del lago Michigan chiamiamo a casa, dove un emozionato YY ed una emozionata e curiosa microba spuntano dallo schermo a festeggiare.

Ok, ora di avviarci verso l’aeroporto di Grand Rapids. Peccato che i molti giorni all’estero abbiano esaurito il generoso credito di dati del mio telefono, dunque siamo a bordo lago, dirette verso un aeroporto ad oltre cento chilometri di distanza, non una sola indicazione su dove andare. Proviamo con tutti i piani b del mondo, compresa una schedina dati in un telefono che si legge al contrario, ma non funziona nulla. Riesci soltanto a tracciare dove siamo, indovinando la direzione da prendere. Da una delle autostrade alcune uscite, compresa quella che sarebbe servita a noi, sono chiuse, dunque alla fine ci rifugiamo in un coffee shop per il solo fatto che ha scritto sulla porta ‘free Wi-Fi’. Grazie al cielo, dopo qualche tentativo riesco a mandare il messaggio di sblocco dati e recuperare un minimo di navigatore. A casa intanto, si chiedevano che fine avessimo fatto, dal momento che per oltre un’ora eravamo sparite da ogni radar. L’ipotesi che avessimo gettato tutta la tecnologia nel lago Michigan prendeva sempre più corpo.

Nel coffee shop vale la pena di prendere uno dei colossi ali bicchierotti a base di caffè e caramello, peccato che il tuo dopo poco sia stato rovesciato, completo di ghiaccio e panna montata, su piedi e tappetino. Vabbè, la pulizia della macchina era compresa nel contratto.

Sono mille e di più le avventure nel tuo cuore, cominci a raccontare della maglietta che indossi, che porta i simboli del vostro viaggio: il nero per l’ignoto, è la prima volta di un’avventura così sul fiume; il rosso per la passione, quella con cui l’avete affrontato; il bianco della luce che vi guida. Indossate tutte fierissime questa maglietta ‘rugby’, ricordando la cerimonia emozionante e solenne con cui ve l’hanno consegnata, appena ieri sera, intorno a un fuoco e con delle candele che chi era prima di voi vi ha acceso, in un simbolico passaggio di fiamma, di fuoco, di passione, di energia.

Racconti che al replenishment, quando avrebbero dovuto arrivare i rifornimenti di tre cose: cibo, posta e abiti, ecco, si sono dimenticati gli abiti. Dunque per lavare quelli che avevate vi siete messe tutte biotte sotto la tenuta da pioggia, che non si doveva lavare, per fare il bucato, a quaranta gradi. Voi avrete avuto caldo, ma la storia fa piuttosto ridere. Come fa ridere la storia delle lenti che volavano via mentre le mettevi in kayak, anche oggi credo tu ne abbia solo una. 

Arriviamo all’aeroporto di Grand Rapids e lasciamo la macchina e i suoi residui di panna, per imbarcarci sul volo che arriva prima di partire. Ehi si, si attraversa il lago Michigan in circa mezz’ora di volo o poco più, e si atterra su un fuso orario un’ora indietro. Non credo mi fosse mai capitato…

All’aeroporto di Chicago, siccome hai raccontato di aver finito i libri tuoi e anche quelli delle tue compagne, abbiamo svaligiato una libreria, facendo scorta di libri in inglese che, visto il tuo ritmo di lettura, potrebbero durare si e no un paio di settimane. Da qui imbarchiamo per Nashville, dove la mia host family di molti anni fa ci aspetta. È un po’ magica la connessione che abbiamo, e qualche volta ce lo siamo raccontato. 

Arriviamo a Nashville, un aeroportino contenuto, ed immediatamente arrivano i messaggi di Stac, la mia un tempo bionda sorellina americana. 

Ci troviamo ai nastri dei bagagli, ed è come il tempo non fosse mai passato. Ci raccontiamo lungo la strada, arriviamo nella loro sontuosissima casa dove una sorpresa ci, mi aspetta: sapendo di questo viaggio, anche l’esuberante Giin, la sorellina di un paio d’anni più grande, ha preso un aereo per arrivare da Pittsburgh, accoglierci e stare con noi. I cuori generosi di oltreoceano, che completano una giornata di cuore gonfio di gioia.

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